lunedì 30 dicembre 2013

Il nuovo allestimento della Sede. L'occasione per ritrovare la strada della Contrada


Ascoltando dirigenti o semplici contradaioli, capita spesso di sentir citare la tradizione come unica e insostituibile base della cultura contradaiola, e magari gli ascoltatori si convincono che le Contrade, tutte indistintamente, sono da sempre impegnate nel garantire la sopravvivenza di una tradizione antica.
In realtà la cultura contradaiola è giunta a noi estremamente frammentata, mutilata e spesso tramandata passivamente, senza cioè la consapevolezza del motivo per cui certe cose sono state trasmesse e altre invece sono state dimenticate. Alcune Contrade hanno conservato la loro tradizione, altre, invece, con il tempo hanno smarrito il senso della tradizione  e si sono limitate a fare, più o meno, ciò che era sempre stato fatto e a imitare le Contrade più ‘tradizionaliste’.
La Pantera, purtroppo, è tra queste, e il suo distacco dalla tradizione può essere ricondotto alla fine dell’Ottocento. In quegli anni la Contrada subì una forte crisi e molti contradaioli si allontanarono dalla Pantera stanchi di vederla gestita da poche famiglie, le quali non si facevano scrupolo di usare sfacciatamente le risorse della Contrada come fossero proprie. Alcuni oggetti, anche di un certo pregio, furono “offerti” da contradaioli i quali, in realtà, li avevano acquistati con i soldi della Contrada senza renderne conto a nessuno. Ci furono capitani e mangini “espulsi a perpetuità” dalla Pantera per essersi platealmente venduti ad altre Contrade (per la precisione, alla Torre nel 1893 e alla Giraffa nel 1897).
Una situazione del genere indusse molti contradaioli a disinteressarsi della Pantera, tantoché tra il 1891 e il 1925 furono tenute alcune assemblee generali con meno di dieci presenti, e due volte, nel 1891 e nel 1922, addirittura con solo cinque contradaioli.
L’assenza di persone valide e dotate di cultura contradaiola determinò un progressivo distacco della Pantera dalla propria storia e dalla propria tradizione fino e a perderne memoria. Alcuni grandi contradaioli nati all’inizio del Novecento, e autori della ‘rinascita della Pantera’ iniziata negli anni Trenta, come Gino Baroni, Umberto Leoncini, Alberto Giannini, non avevano, per esempio, idea di dove fosse stata la cappella di San Giovanni Decollato, nonostante questa fosse stata la prima sede della Contrada e fosse stata demolita solo nel 1893. Un edificio significativo nella storia della Pantera, ma il cui ricordo era rimasto nascosto nella nebbia che in quell’epoca avvolgeva la Contrada. Il disinteresse per la vita trascorsa della Contrada non indusse nessun panterino a salvare nel 1893 almeno una lapide seicentesca che ricordava la storia della cappella e il suo legame con la Contrada. Ma ancora più clamoroso, e anche un po’ comico, fu un episodio avvenuto nello stesso anno: i panterini riuscirono addirittura a sbagliare l’animale del proprio stemma e, confondendo la tigre con la pantera, stamparono sulla carta intestata uno stemma con un animale con il manto striato anziché la tradizionale pantera maculata.
Poi, con il tempo, qualcosa è stato recuperato, ma un distacco così drastico dalla tradizione non è facile da ricucire. L’occasione di ripercorrere la nostra storia per tornarne nuovamente in possesso ci verrà offerta tra pochi mesi, con il nuovo allestimento dei locali. Del nostro passato infatti qualcosa è rimasto: oggetti, monture, dipinti, documenti d’archivi non sono freddi cimeli ma ricordi che, conoscendoli, possono tornare a esser vivi.
Ispirandoci a Pollicino, che seguendo i sassolini che aveva seminato ritrovò la strada di casa, noi, seguendo la strada segnata dagli oggetti, dalle monture e da tutto ciò che possediamo e riprendendo confidenza con i nostri ricordi, potremmo riparlare di personaggi, ricostruire episodi (anche divertenti) che costituiscono la tradizione della Pantera e ritrovare finalmente la strada giusta per la Contrada. Avremmo quindi modo, dopo tanto tempo, di tramandare ai nostri ragazzi l’essenza della Contrada. Ed è questo il compito più importante di ogni contradaiolo.


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